Care colleghe
e cari colleghi del personale docente e del personale TAB, cari studenti,
la lettera di
sostegno alla candidatura del professor Mario Panizza, da parte dei professori Paolo Atzeni, Paolo Benvenuti, Lidia D’Alessio, Paolo
D’Angelo, Gaetano Domenici, Fabrizio De Filippis, Mario De Nonno, Giuseppe
Grilli, si presta ad alcune considerazioni e suscita qualche
interrogativo.
Anzitutto, i colleghi
in questione non sono solo tali, ma rivestono tutti la carica di Direttore di
Dipartimento, sia gli otto sostenitori che il sostenuto. L’impressione che se
ne trae, dunque, è quella di una manifestazione muscolare di consenso,
un’esibizione di forza da parte della quasi totalità dei vertici istituzionali
della struttura organizzativa decentrata del nostro Ateneo. Diversi di essi sono
anche membri del Senato accademico. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, se
il passaggio elettorale sia davvero necessario e quale reale funzione possa
svolgere la campagna elettorale.
Nel caso in
cui tuttavia, per un’irriducibile affezione al metodo democratico, si volesse
optare in favore della necessità della competizione elettorale, ci si dovrebbe
chiedere se il ruolo istituzionale dei firmatari non avrebbe dovuto ispirare un
maggiore aplomb e una maggiore
prudenza. Come prenderemmo una lettera di appoggio ad una candidatura a
Presidente della Repubblica firmata da buona parte dei Presidenti di Regione, i
cui delegati partecipano all’elezione presidenziale integrando il Parlamento in
seduta comune? Nella migliore delle ipotesi come una mossa del tutto
inopportuna e non in linea con il ruolo istituzionale dei soggetti in questione.
Peraltro, la
lettera-endorsement un piccolo effetto l’ha già prodotto.
L’immediata lettera del Decano ai Direttori di Dipartimento, affinché assicurino
«ai candidati alla carica di Rettore, in ogni singola sede, la disponibilità di
spazi e luoghi idonei per svolgere attività di propaganda elettorale,
garantendo la necessaria par condicio a tutti i candidati»,
sembra proprio dettata dal bisogno di sgombrare il campo da ogni possibile
sospetto di coinvolgimento partigiano nella campagna elettorale. L’obiettivo sembra
chiaro: evitare che i candidati Rettore diversi da quello sponsorizzato nella
lettera si sentano, nei singoli Dipartimenti dei Direttori sponsor, degli ospiti, magari neanche tanto graditi.
Colpisce, poi,
che nella lettera di patronage si
esprimano giudizi comparativi così netti: il candidato Rettore sostenuto
rappresenterebbe addirittura “la vera novità della campagna elettorale”. Ma su
quale base si formula un tale giudizio, in totale assenza finora di un libero
confronto fra i candidati sui programmi? Siamo davvero sicuri che simili prese
di posizione possano incoraggiare quel clima di serenità del confronto
elettorale, dei candidati e dell’elettorato che da tempo auspico e che mi
sforzo di alimentare e tenere vivo?
Ma, al di là
di tutto, la vera questione cruciale è il perché di questo appello. Si tratta
di capire, non già perché così tanti esponenti di vertice dell’organigramma del
nostro Ateneo abbiano una preferenza per uno dei candidati Rettore, ma perché
il bisogno di una dichiarazione pubblica, ufficiale e collettiva? Testimonianza
di forza o manifestazione di debolezza? Libera espressione della propria
opinione o volontà di condizionare l’elettorato con un appoggio massiccio che
tende a prefigurare un esito? Per
fortuna, decideranno gli elettori, sempre che si consideri legittimo votare.
Un saluto
cordiale,
Pietro Grilli
di Cortona
Una bella lezione di scienza politica contenuta in un messaggio che valorizza la natura competitiva del metodo democratico.
RispondiEliminaPer chi è in grado di distinguere la passione per il gioco dall'ossessione per la vittoria è un messaggio molto positivo...
Marco